L’idea della pubblicazione di un volume dedicato alle “lezioni milanesi” di Yu Hua nasce dal tour letterario che l’autore cinese ospite dell’Istituto Confucio di Unimi, ha compiuto tra l’ottobre e il novembre 2018 in numerose città italiane. Partendo da Milano, Yu Hua ha incontrato studenti e lettori a Torino, Enna, Napoli, Roma, Macerata, Siena, Bologna e Venezia, per tornare poi nella città meneghina per tenere presso il Polo di Mediazione Interculturale e Comunicazione dell’Università degli Studi di Milano, tre lezioni aperte anche al folto pubblico dei suoi affezionati lettori. Le lezioni hanno preso spunto da tre termini chiave, ovvero letteratura, (wenxue 文学) cultura (wenhua 文化) civiltà (wenming 文明), termini che in cinese hanno come punto di riferimento il carattere wen 文, “segno scritto”, un concetto fondamentale nel passato così come nel presente del Paese.
Il volume raccoglie i testi dei tre incontri tenuti da Yu Hua a Milano. In essi l’autore traccia gli orizzonti della letteratura cinese e della propria scrittura, presenta il panorama della cultura della Cina contemporanea e discute dell’essenza della sua civiltà millenaria. Il tutto avviene nella forma di un vivace dialogo che questo illustre protagonista della contemporaneità intrattiene di volta in volta con studiosi e pubblico in sala.
Con la spontaneità che lo contraddistingue, Yu Hua ci accompagna in un viaggio alla scoperta delle molteplici sfaccettature del mondo cinese di oggi. Lo stile semplice e la narrazione in cui si amalgamano grande ironia e rara lucidità rendono questo volume una lettura ricca di spunti per chiunque sia interessato alla cultura del gigante asiatico. Inoltre, il testo originale in lingua cinese delle tre lezioni accompagna le traduzioni italiane.
La pubblicazione di questo volume costituisce un importante tassello nel quadro del progetto didattico di perfezionamento nella lingua e nella cultura cinese che l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano ha realizzato in questi primi dieci anni di lavoro. Infatti la traduzione italiana dei tre interventi di Yu Hua è stata curata da Roberta Pau, Natalia Riva e Renata Vinci, specialiste sinologhe che si sono qualificate come le migliori traduttrici nella seconda edizione del corso di Traduzione letteraria cinese-italiano organizzato nel 2018 dall’Istituto Confucio in collaborazione con la Civica Scuola Interpreti e Traduttori Altiero Spinelli di Milano. Il corso, gestito e condotto da Silvia Pozzi, ha visto la partecipazione di ben 56 motivatissimi iscritti provenienti da tutto il Paese, che hanno lavorato con impegno e hanno prodotto la loro traduzione del racconto di Yu Hua “Amici 朋友“. In conclusione è stato lo stesso autore, alla fine del suo tour letterario nel nostro Paese, a premiare i migliori elaborati.
L’autore
Yu Hua è un autore cinese di fama internazionale, che ha all’attivo una produzione letteraria estremamente variegata: dai primi racconti del 1983, d’impostazione ancora tradizionale, fino ai romanzi più recenti degli anni Novanta e Duemila. Nasce nel 1960 a Hangzhou. Figlio di un’infermiera e di un medico, ha trascorso lunghi pomeriggi dell’infanzia a giocare nei corridoi dell’ospedale e lì ha fatto il suo apprendistato di scrittore. È considerato uno degli autori più significativi della sua generazione: in Italia ha pubblicato numerosi volumi, tra cui segnaliamo Torture (Einaudi, 1997), Vivere! (Donzelli, 1997), con il quale ha vinto il premio Grinzane Cavour e da cui è tratto il film omonimo di Zhang Yimou, L’eco della pioggia (Donzelli, 1998), Cronache di un venditore di sangue (Einaudi, 1999), Le cose del mondo sono fumo (Einaudi, 2004), Brothers (Feltrinelli, 2008), Arricchirsi è glorioso (Feltrinelli, 2009), Racconti d’amore e di morte (Hoepli, 2010), La Cina in dieci parole (Feltrinelli, 2012), Il settimo giorno (Feltrinelli, 2017).
Capitolo: Cultura (p. 38/39)
“Cos’è la felicità? Non esiste una definizione, ciascuno la intende a suo modo. E anche per ogni singola persona l’idea cambia a seconda del momento. Per uno che ha sete, la felicità è un bicchiere d’acqua, uno che ha fame è felice se gli danno da mangiare. Per capire che cos’è la felicità si deve tenere ben presente che essa ha soltanto a che fare con le proprie emozioni e non con quello che pensano gli altri. Magari invidiate qualche uomo politico, che ne so, un premier o un presidente. Pensate che sia una persona influente, fuori dal comune e invece è stressato pure lui, persino molto più di noi. Alla vista di un mendicante proviamo compassione, com’è normale che sia, eppure anche lui ha i suoi momenti di felicità. Le condizioni che fanno la felicità variano da persona a persona, questo è il punto numero uno.
Punto numero due: le emozioni delle persone variano, e di conseguenza anche l’idea che uno ha della felicità. Mi viene in mente una storiella, ovviamente cinese, che parla di ricchi e poveri. A certi cinesi piace mangiare il pesce palla, che è velenoso. Adesso se ne alleva una varietà priva di veleno, ma quello pescato che si mangiava una volta era tossico, e i cuochi usavano particolari tecniche per prepararlo. L’aneddoto racconta di quattro ricconi che vogliono mangiare il pesce palla. Quando il pesce è servito a tavola, si guardano l’un l’altro: nessuno si azzarda a iniziare, aspettano di vedere che fine fa il primo che lo mette in bocca. Si lanciano continue occhiate ma nessuno dei quattro ha il coraggio di assaggiare il pesce. A un certo punto si ricordano che entrando nel ristorante hanno visto un mendicante seduto fuori dalla porta. Mettono uno dei pesci palla in una scatola d’asporto e chiedono al cameriere di portarglielo. Dopo un’ora lo rispediscono a controllare se il mendicante è ancora vivo. E sì, è vivo, conferma il cameriere rientrando. È ancora seduto là. Così i quattro prendono coraggio e si mettono a mangiare. Quando hanno finito, escono, montano sulle loro Mercedes, proprio come quelle guidate dai monaci di Lingyin di cui vi ho parlato prima, e se ne vanno. Il mendicante li osserva andare via, constatando che quei quattro fessi non sono schiattati. Allora tira fuori da dietro il sedere la scatola d’asporto e si pappa il pesce. Credo che il mendicante sia il più felice di tutti.”
Capitolo: Civiltà (p. 66 )
“Per un cinese, arrivare in un Paese diverso e con una cultura diversa è senza dubbio un percorso lungo e tortuoso, sarebbe strano il contrario. Ma se continui a lottare di certo otterrai il rispetto degli altri. Qualunque sia il colore della pelle, l’etnia, qualunque sia la lingua che tu parli.”