Roberta Ranieri, ex studentessa della Civica Altiero Spinelli che si è laureata in Traduzione lo scorso luglio, ha appena tradotto il Il gabbiano di Čechov, uno dei testi teatrali più noti del drammaturgo russo, e uno dei più rappresentati in assoluto. Bruno Osimo, docente traduttore e scrittore ne ha curato l'edizione.
Cosa significa tradurre un testo per il teatro?
"Quando si traduce si fanno necessariamente delle scelte, perché non si può tradurre tutto in modo ottimale. Nel caso specifico, quando il testo della traduzione è destinato alla recitazione, tutte le battute devono avere come dominante la recitabilità, la pronunciabilità, la plausibilità della frase. Sono considerazioni che fa in primo luogo l’autore, e che il traduttore deve fare proprie.
Fermo restando che un testo del 1896 non ha di solito lo stesso registro e lo stesso lessico di un testo del 2022, le frasi devono suonare verosimili in bocca a chi le pronuncia.
Questa è stata la nostra preoccupazione principale traducendo il capolavoro di Čechov.
L’altra dominante è stata il rigore filologico. Quando si traduce un gigante, non solo letterario ma anche filosofico e umano, bisogna mettere da parte – se necessario: con Čechov a noi è successo molto di rado – il proprio gusto personale e lasciar emergere quanto possibile la poetica dell’originale".